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Il gioco e il disturbo da gioco d’azzardo

Il gioco è una costante del comportamento dell’essere umano che accomuna il bambino e l’adulto. Libero, ma vincolato dalle proprie regole, il gioco è uno spazio a sé, separato dalla realtà comune.

Il grande numero e le varie tipologie di gioco, fanno sì che risulti difficile una loro classificazione secondo un principio che li suddivida in un numero di categorie ben definito. Caillois (1958) attraverso una riflessione che riunisce osservazioni etologiche, filosofiche e pedagogiche propone una storica classificazione dei giochi in quattro macro categorie:

–       giochi di agon (competizione): giochi in cui si sfida un avversario sfruttando le proprie abilità;

–       giochi di mimicry (imitazione): giochi di travestimento e di fantasia, il soggetto gioca a credere o a far credere di essere qualcun’altro;

–       giochi di alea (rischio): giochi in cui si sfida il destino e in cui il caso è il solo artefice della vittoria;

–       giochi di ilinix (vertigine): giochi che si basano sulla ricerca di vertigini;

In inglese esistono due parole che traducono il termine italiano gioco: play e gambling. Questi due termini sono associati a due concetti ben diversi: play si riferisce ad un gioco dove ci sono regole ben precise e dove le abilità del giocatore sono di primaria importanza per l’esito del gioco stesso; gambling, invece, si riferisce ad una modalità di gioco in cui è implicito il rischio, in genere con riferimento al denaro, e viene tradotto con gioco d’azzardo. Il gioco d’azzardo si inserisce nella categoria dei giochi di alea, in quanto l’esito del gioco si basa sulla sorte piuttosto che sulle abilità del giocatore.

Un gioco per essere definito gioco d’azzardo deve soddisfare tre condizioni:

  • L’esito del gioco deve essere affidato completamente al caso;
  • Il giocatore deve mettere in palio del denaro una posta o qualche cosa di valore;
  • Il capitale impegnato non può più essere restituito al giocatore (irreversibilità della scommessa) (Ladouceur, Sylvain & Boutin, 2003);

Disturbo da gioco d’azzardo (DGA) è la diagnosi inserita nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 5 (DSM-5; American Psychiatric Association, 2012). Precisamente è inserito nella categoria disturbi da dipendenza. Questo ha segnato un grande cambiamento rispetto alla versione precedente (DSM-IV-TR) dove veniva posto all’interno dei disturbi del controllo degli impulsi. Questo disturbo presenta infatti notevoli analogie con entrambi i raggruppamenti.

Il disturbo da gioco d’azzardo si configura come un problema caratterizzato da una graduale perdita della capacità di autolimitare il proprio comportamento di gioco, che finisce per assorbire sempre più tempo quotidiano. La patologia non si sviluppa in maniera repentina, anzi il passaggio che conduce il giocatore sociale a diventare giocatore problematico e successivamente dipendente sembra lento e subdolo. Sono poche, infatti, le persone che fin dall’inizio sviluppano un comportamento patologico. Custer (1982) ha elaborato uno schema che può aiutare a comprendere meglio l’evoluzione della carriera del giocatore:

  • Fase vincente: in cui si gioca soprattutto per passare il tempo e divertirsi, è caratterizzata da gioco occasionale, praticato prevalentemente in compagnia di amici e familiari. È questa la fase in cui solitamente il giocatore vince spesso e si convince di essere più abile degli altri. A questo punto il gioco si fa più frequente, aumenta anche l’ammontare delle scommesse e di solito si verifica una grossa vincita. Il giocatore è sicuro di poter tranquillamente controllare il gioco ed evitare eventuali conseguenze negative;
  • Fase perdente: il giocatore inizia a perdere e attribuisce la colpa di ciò ad un periodo particolarmente sfortunato, è continuamente alla ricerca di una grande vincita, quindi, torna frequentemente a scommettere nel tentativo di recuperare il denaro perso in precedenza (chasing). In questo periodo il giocatore inizia ad avere bisogno di più denaro, quindi inizia a chiedere prestiti ad amici e familiari, spesso mentendo sulle motivazioni della richiesta. Il giocatore continua a giocare, scommettendo sempre più pesantemente, fino a perdere il controllo di sé e della situazione;
  • Fase della disperazione: il giocatore ha completamente perso il controllo, è sempre più esausto fisicamente e psicologicamente e può ricorrere ad attività illegali. Il giocatore si allontana dalla famiglia e dagli amici e investe sempre più tempo e denaro nel gioco;
  • Fase della perdita di speranza: il giocatore prova sentimenti di panico e di estrema angoscia, che cerca di placare giocando. Questa fase può essere caratterizzata da crisi coniugali, divorzio, problemi con la giustizia ecc.. Il giocatore solo dopo aver toccato il fondo cerca di uscirne con l’aiuto di persone esterne;
  • Fase critica: ha inizio nel momento in cui il giocatore patologico decide di formulare una richiesta d’aiuto per risolvere la sua situazione. Questa fase si articola in otto tappe: 1 – sincero desiderio d’aiuto, 2 – speranza, 3 – smettere di giocare, 4 – prendere decisioni, 5 – chiarirsi le idee, 6 – riprendere a lavorare, 7 – trovare una risoluzione ai problemi, 8 – realizzare programmi di risarcimento;
  • Fase della ricostruzione: rappresenta il momento intermedio della terapia, é costituita da sei fasi: 1 – miglioramento nei rapporti familiari, 2 – ritorno al rispetto di sé, 3 – progettazione di nuovi obiettivi, 4 – trascorrere maggior tempo con la famiglia, 5 – maggiore serenità, 6 – minore impazienza;
  • Fase della crescita: è il terzo e ultimo stadio della riabilitazione del giocatore. Questa fase si divide in quattro tappe principali: 1 – diminuire preoccupazione legata al gioco, 2 – migliorare capacità di auto analisi, 3 – cercare di comprendere meglio gli altri, 4 – mostrare affetto nei confronti degli altri;

A queste fasi Rosenthal (1987) ne ha aggiunta una, la fase senza speranza o della resa, che riguarda quanti non riescono a proseguire nel percorso che conduce al superamento della condotta di gioco patologico. Questi giocatori continuano a giocare, ma non si illudono più di poter vincere grandi somme, giocano con trascuratezza e il loro unico obiettivo è quello di sentirsi attivi.

In conclusione appare necessario sottolineare che negli ultimi anni è stata rivolta un’attenzione maggiore alla problematica del disturbo da gioco d’azzardo, tuttavia maggiori sforzi dovrebbero essere fatti per limitare gli enormi danni che il gioco d’azzardo sta creando a molte famiglie e di conseguenza all’intera società. In particolare uno degli obiettivi che dovrebbe essere raggiunto nel futuro prossimo è quello di aumentare l’efficacia delle campagne di prevenzione e di informazione, evitando sopratutto che si trasformino da strumenti di prevenzione a strumenti pubblicitari.

 

Bibbliografia

American Psychiatric Association (2000). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 4° edition, Text Revision (DSM-IV-TR).Washington D.C..

American Psychiatric Association (2012). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders 5 (DSM-5).  Washington, DC..

Caillois, R. (1981). I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine (L., Guarino, Trans.) Milano: Bompiani. (Original work published 1958).

Custer, R. (1982). An overview of compulsive gambling. In P.A., Caron, S.F., Yolles, & S.N., Kieffen (Eds.) (1982). Addictive disorder update: Alcoholism, drug, abuse, gambling (pp. 107-124). New York: Human Science Press.

Ladouceur, R., Sylvain, C. & Boutin, C. (2003). La psicoterapia cognitivo comportamentale nel gioco d’azzardo. Discussione di un caso. In M.,Croce, & R.,Zerbetto (Eds.) (2006). Il gioco e l’azzardo. Il fenomeno la clinica e le possibilità di intervento. Franco Angeli.

Rosenthal, R.J. (1987). The psychodynamics of pathological gambling: a review of the litterature. In T., Galski, & C., Charles (Eds.) (1987). The handbook of pathological gambling (pp. 41-70). Springfield Illinois: Thomas.

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