Scrivere sui miei vissuti nella frequentazione della scuola, scrivere sulle esperienze attraversate, scrivere cosa Psicoumanitas mi ha dato, cosa mi ha tolto.
Dare un’idea di che cos’è Psicoumanitas non è possibile. Psicoumanitas non si può raccontare, Psicoumanitas è un’esperienza da attraversare!
Non so scrivere poesie, vivo così intensamente le emozioni che mi viene davvero difficile metterle su carta. Le vivo col corpo, le posso ballare, le posso dipingere, le esprimo attraverso molti canali. Raramente uso le parole. Prima di frequentare Psicoumanitas non era così. Ero e sono rimasta esplosiva, ma oggi so cosa fare di tutto quel magma che vive in me. Al mio arrivo a scuola ero brava ad agire le mie emozioni con tutta la loro potenza. Oggi so ascoltarle, ridurne il volume, separare le mie da quelle altrui. Sono consapevolmente nevrotica, era un limite, oggi una risorsa.
Psicoumanitas è EMOZIONE. Non è una scuola qualsiasi, non ci sono libri da imparare a memoria o lunghe tesine da discutere. Io la definirei come una lunga e profonda psicoterapia, che ti rimane dentro e continua anche dopo la fine del percorso.
Non è passato molto tempo, ma sembra una vita, i ricordi affiorano, sale una dolce malinconia, mi commuovo. Cosa darei per rivivere tutto!
Sembrerebbe una tendenza masochistica, ma posso considerare quegli anni fra i più intensi della mia vita.
Non è stata una scelta ragionata, avevo deciso di iscrivermi ad un’altra scuola. Mai prima d’allora avevo fatto una scelta importante seguendo solo la mia “pancia” (senza saperlo), attratta, ipnotizzata da un vortice emotivo che all’epoca non potevo immaginare sarebbe stato tanto formativo quanto doloroso.
Il primo istinto, attraversata la porta, fu quello di scappare. Troppo. Troppo forte, troppo difficile, troppo dentro, troppo doloroso, troppe emozioni!
La ragazza che è entrata non è mai più uscita da lì, credo che da questa scuola se ne possa uscire solo completamente trasformati.
Ero piena di paure e convinta di poter controllare tutto intorno a me. Mi accompagnava una rabbia che pensavo fosse enorme ed ho scoperto essere modesta, ero testarda e sostenitrice delle mie “certezze”. Non conoscevo cosa fossero vuoto e solitudine, mi terrorizzavano, oggi li amo.
La mia storia a Psicoumanitas è caratterizzata da un graduale abbandono delle paure e del controllo, dalla sospensione del giudizio, dalla perdita delle aspettative su di me e sull’altro,
dall’accettazione a lasciarsi andare, non resistere, non combattere contro mostri invisibili e soprattutto contro di me, dal lasciar accadere e da tanto coraggio.
Il gruppo è certamente lo strumento più forte di questa scuola, lo specchio che costantemente ho avuto davanti a me per ridimensionarmi, ascoltarmi, pormi mille domande, centrarmi, diventare prima che una psicoterapeuta, una persona capace di volersi bene. Il mio piccolo gruppo e il grande gruppo delle maratone. Il lavoro è sul gruppo, col gruppo e attraverso il gruppo. La potenza delle emozioni di tante persone messe assieme diventa lo strumento principe per il cambiamento e per la formazione.
Ho imparato che solo un’immersione completa dentro di sé può portare ad ascoltare i propri limiti, differenziare sé stessi dall’altro, accogliere qualsiasi tipologia di persona, fare il terapeuta.
A volte manca una regola, una direzione chiara e certa, e questo mi fa credere che non sia una scuola per tutti.
E poi c’è il corpo. La bioenergetica. È stata dura per me, che cercavo di “capire”, imparare ad usare il corpo. Ho tentato e ritentato molte volte di fare “esercizi” in maniera meccanica, poi mi sono arresa, ho ascoltato cosa mi comunicava il mio corpo ed ho sentito. Oggi so che questo strumento è una chiave di volta in molte terapie, è molto potente e, la possibilità di integrare terapia verbale e corporea, è una delle più grandi risorse che ho come terapeuta.
Ma se penso a Psicoumanitas, naturalmente, i vissuti più intensi sono legati alle “Maratone”. Conservo gelosamente ogni ricordo ed ogni emozione delle mie maratone. Se me le avessero raccontate avrei pensato che più che di psicoterapeuti in formazione si trattava di pazienti da ricoverare. Credo siano la massima espressione dell’espressività emotiva. L’unione perfetta fra mente e corpo. La via più potente per potersi conoscere. Uno strumento che solo grandi maestri possono utilizzare.
Meditare con la luce del tramonto, ululare di notte alla luna, cercare il tuo albero e prendere contatto con le tue radici, chiedere al vento di farsi portavoce di un messaggio e poi scrivere, raccontare e raccontarsi. Può sembrare folle, poco ortodosso, eppure è il contatto più intimo che si possa avere con sé stessi e con gli altri. Una via privilegiata per imparare questo mestiere.
E poi ho imparato a fare scelte che fanno paura, ho imparato ad allontanarmi dal padre, ho imparato a riorganizzare la mia vita difronte alle difficoltà (la resilienza che tanto mi è servita!), ho tradito il mio maestro e sono cresciuta.
Non so se scrivendo ho dato più un’idea della scuola o più un’idea di me. Credo che le due cose si intreccino. Questa scuola è fatta delle persone che di volta in volta la abitano. È piena di vissuti che rimangono dentro anche quando vai via. Io non trovavo altro modo per descriverla.
Dott.ssa Emilia Papaianni Psicologa Psicoterapeuta. Laureata in Psicologia dinamica e clinica alla “Sapienza” università di Roma, si specializza in Psicoterapia Umanistica e Analisi Bioenergetica presso l’Istituto Psicoumanitas di Roma. Ha lavorato diversi anni al fianco dei bambini disabili nelle scuole, oggi svolge attività privata presso il suo studio a Roma.